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cinture di sicurezza il conducente è civilmente responsabile dei danni dei passeggeri - Corte di Cassazione Civile - Sezione III, Sentenza n. 5795 del 13/03/2014

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cinture di sicurezza il conducente è civilmente responsabile dei danni dei passeggeri - Corte di Cassazione Civile - Sezione III, Sentenza n. 5795 del 13/03/2014 Empty cinture di sicurezza il conducente è civilmente responsabile dei danni dei passeggeri - Corte di Cassazione Civile - Sezione III, Sentenza n. 5795 del 13/03/2014

Messaggio  Luca Ricci Sab Apr 12, 2014 1:06 pm

Corte di Cassazione Civile - Sezione III, Sentenza n. 5795 del 13/03/2014
Circolazione Stradale - Artt. 172, 193 e 196 del Codice della Strada - Incidente stradale - Risarcimento del danno al trasportato - Uso delle cinture di sicurezza da parte del passeggero - In materia di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli, l'art. 2054 del c.c. esprime principi applicabili a tutti i soggetti che da tale circolazione ricevano comunque danni, compresi i trasportati ed a prescindere dal titolo del trasporto. Il proprietario del veicolo può liberarsi da tale responsabilità solo provando che la circolazione del mezzo è avvenuta contro la sua volontà, ovvero che il conducente ha fatto tutto il possibile per evitare il danno.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. A. C. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di (OMISSIS), T. A., la To. s.r.l. e la Compagnia di assicurazioni Al. s.p.a. per ottenere il risarcimento dei danni subiti nel sinistro stradale nel quale egli viaggiava come trasportato sulla vettura di proprietà della società To., condotta nell'occasione da T. A..

Nella costituzione dei convenuti, si svolgeva la fase istruttoria nella quale la società di assicurazione veniva posta in liquidazione coatta amministrativa e, a seguito della riassunzione del giudizio, pagava all'A. l'intero massimale (200 milioni di lire).

Il Tribunale, con sentenza del 5 marzo 2003, riconosceva la responsabilità esclusiva del T. nella determinazione dell'incidente e liquidava a favore dell'attore la somma complessiva di Euro 305.943,39, dalla quale andava detratta la somma già versata a titolo di massimale, residuando una condanna del T. e dell'omonima società al pagamento della differenza, pari ad Euro 195.455,18.

2. Appellata la pronuncia dai soccombenti, la Corte d'appello di Brescia, con sentenza del 23 agosto 2006, confermava quella di primo grado, ponendo a carico degli appellanti le ulteriori spese del grado.

Osservava la Corte territoriale che, pur in presenza di elementi assai scarsi per la ricostruzione della dinamica dell'incidente, doveva ritenersi certa l'esclusiva responsabilità del conducente T., il quale in prossimità di una curva aveva perso il controllo della propria auto, la quale era finita fuori della sede stradale, ribaltandosi in una scarpata. A seguito di tale caduta, il trasportato A. era stato sbalzato fuori della vettura, riportando gravissimi danni. In ordine al mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del trasportato, la Corte osservava che sarebbe stato onere del conducente fornire la relativa prova, onere che non era stato, nella specie, assolto; il ribaltamento della vettura e le numerose fratture riportate dall'infortunato rendevano ben possibile immaginare che lo stesso poteva essere stato sbalzato fuori dell'abitacolo anche nell'eventualità che indossasse le cinture. La pronuncia di primo grado, infine, veniva confermata sia in ordine all'entità delle lesioni subite dall'A. ed al conseguente risarcimento sia in ordine all'inammissibilità della domanda di mala gestio avanzata nei confronti della società di assicurazione, trattandosi di domanda nuova, proposta nel giudizio di primo grado, sulla quale la società assicuratrice aveva prontamente dichiarato di non accettare il contraddittorio.

3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Brescia propongono ricorso T. A. e la To. s.r.l., con unico atto affidato a cinque motivi.

Resiste la s.p.a. Al. assicurazioni in liquidazione con controricorso.

A. C. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione di legge in riferimento agli artt. 1681, 2043, 2054, 2059 e 2700 c.c., all'art. 185 c.p., nonchè insufficiente o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia.

Rilevano i ricorrenti che sarebbe errata l'attribuzione esclusiva a carico del T. della responsabilità dell'incidente oggetto di causa. Ciò in quanto il rapporto dei Carabinieri che erano accorsi sul posto fa piena prova di quanto i verbalizzanti dichiarano di aver direttamente percepito, mentre le altre circostanze riferite de relato sono oggetto di libero apprezzamento del giudice. D'altra parte l'A. era trasportato a titolo di cortesia, sicchè nei suoi confronti non poteva trovare applicazione la presunzione di cui all'art. 1681 cod. civ., nè quella di cui all'art. 2054 c.c., con la conseguenza che l'A. avrebbe dovuto fornire la prova, ai sensi dell'art. 2043 c.c., della condotta colposa del T. in occasione del sinistro.

1.1. Il motivo non è fondato.

Esso è suddiviso, in effetti, in due parti: la prima riguarda il corretto valore da attribuire al rapporto dei Carabinieri accorsi sul posto nel momento dell'incidente, mentre la seconda lamenta violazioni di legge conseguenti all'applicazione delle presunzioni anche in riferimento al trasporto di cortesia, oltre che all'onere della prova della colpa.

1.2. Rileva la Corte che la prima parte contiene una censura generica e priva di precise contestazioni; si sostiene che il verbale dei Carabinieri fa piena prova soltanto dei fatti che i medesimi attestano essere avvenuti in loro presenza, mentre costituisce solo un indizio per quanto riguarda ciò che essi hanno percepito da altri. Affermazioni, queste, del tutto pacifiche e non sovvertite in alcun modo dalla sentenza impugnata, la quale ha fornito una propria ricostruzione del fatto in base alla complessiva valutazione delle scarse prove esistenti; sicchè la doglianza relativa al valore da attribuire al rapporto è inammissibile. D'altra parte, la genericità della censura traspare in modo evidente anche dal quesito di diritto formulato alla p. 24 del ricorso, nel quale ci si limita a sollecitare la Corte a chiarire quale valore probatorio abbiano i verbali redatti dai pubblici ufficiali con riferimento ai fatti ed alle circostanze apprese de relato.

1.3. Quanto, invece, alle censure relative al trasporto di cortesia ed all'onere della prova della colpa, si tratta di censure prive di fondamento.

Nel ricorso viene richiamata l'ormai risalente pronuncia di questa Corte 3 marzo 1995, n. 2471, secondo cui al trasporto amichevole o di cortesia - quale pacificamente era quello oggetto di causa - non si applicherebbero le presunzioni di cui all'art. 2054 c.c..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 10.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 20 gennaio 2014.
Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2014.
Luca Ricci
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