T-Red, per la Procura c’è la truffa Indagine chiusa, sotto accusa l’inventore dei semafori vampiro
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T-Red, per la Procura c’è la truffa Indagine chiusa, sotto accusa l’inventore dei semafori vampiro
PERUGIA - L’inchiesta accelera, ma niente giallo. Perché quella che per la procura è truffa trova davanti a sé solo un verde. Via libera alla conclusione delle indagini e quindi a un nuovo indagato per l’inchiesta più amata dagli automobilisti, quella contro gli odiatissimi semafori vampiro, i T-red.
A pochi giorni dall’udienza in cui il gup Carla Maria Giangamboni dovrà decidere sul rinvio a giudizio dei tre indagati chiesto dal pm Giuseppe Petrazzini per il filone dell’inchiesta di Spello, per quella di Perugia l’indagato pare essere uno solo. L’unico, ma non nuovo in effetti. È Stefano Arrighetti, l’inventore dei T-red, già nel registro per i semafori di Spello.
Indagini concluse quindi per Arrighetti, all’epoca dei fatti (nel 2006) amministratore della Kria srl, dopo il primo avviso che già l’aveva raggiunto per la questione Spello insieme all’allora amministratore della Ci.Ti.Esse (società che commercializzava in esclusiva i semafori sparamulte), Raoul Cairoli, e al comandante della polizia municipale di Spello, Giancarlo Meniconi. I tre indagati, assistiti rispettivamente dagli avvocati Rosario Minniti, Carmen Ambra (con Roberto Pizzi) e Maria Mezzasoma, dall’inizio dell’inchiesta hanno sempre difeso la correttezza del proprio operato, davanti alle accuse che vanno dalla truffa alla turbata liceità degli incanti. «Le 24 procure che già di sono interessate a casi come questi - ha sottolineato l’avvocato Minniti - hanno già da tempo emesso decreti di archiviazione». C’è serenità allora in vista dell’appuntamento davanti al gip che per i tre indagati è per la prossima settimana, dopo la decisione presa lo scorso novembre di riunire al procedimento di Spello quello di Perugia.
La giustizia spesso non corre, molte volte va lenta ma sicuramente ha la memoria lunga e non dimentica. Così quel fascicolo perugino, dopo un periodo di stasi dovuto al trasferimento del pm Alessandro Cannevale, ha trovato nuovo vigore nel fascicolo sulla scrivania di Petrazzini coadiuvato dalla sezione di polizia giudiziaria della polizia stradale. E tra esposti degli automobilisti che si sono sentiti beffati, pareri del ministero dei Trasporti, il mistero dell’omologazione e il rapporto dei poliziotti, l’indagine di Perugia ha mosso passi importanti. Con un indagato della prima ora (un addetto alla verbalizzazione delle multe) e altri nomi che sono stati vagliati grazie allo stralcio inviato dalla procura di Verona a quella perugina.
Proprio dal Veneto il pm Valeria Ardito aveva fatto scattare i sequestri dei semafori vampiro in mezza Italia. Quello di Spello, all’altezza di Limiti fu tirato giù. Quelli di Perugia no perché erano stati già sostituiti dal Comune con un’altra tecnologia. Ma avevano multato migliaia di automobilisti, innescando altrettanti migliaia di ricorsi ai giudice di pace.
L’inchiesta perugina di Petrazzini non passa solo per le carte arrivate da Verona. Ma si basa anche su esposti presentati dagli automobilisti beffati e da consiglieri comunali d’opposizione (scorsa legislatura) che scesero addirittura in strada con un camper per raccogliere i ricorsi anti T-Red. Vagliate anche le carte con cui il Comune di Perugia ha stabilito i rapporti con la società, la Ci.Ti.esse, che commercializzava i semafori contestati per il giallo troppo corto e a cui andava un aggio di 24,50 euro per ogni multa incassata. La procura ha anche vagliato la segnalazione che indicava come i computer che gestivano i T-Red agli incroci fossero custoditi in cassette metalliche non sigillate e che quindi erano alla mercé di qualsiasi contraffazione. E poi, tra le tante carte acquisite in Comune, anche una lettera che da palazzo dei Priori segnalava l’anomalia del giallo all’impianto di via Martiri dei Lager. Cioè tra il giallo e il rosso passava troppo poco tempo e le multe fioccavano.
Dubbi sulla bontà della gestione del temporizzatore erano, addirittura, stati sollevati dagli stessi agenti della polizia municipale. Segnalazioni a cui una delle ditte interessate alla componentistica dei T-Red ha risposto presentando certificazioni su come le loro apparecchiature fossero state immesse sul mercato senza vizi.
Insomma, sarà il tribunale a decidere chi ha ragione, mentre Arrighetti resta l’unico indagato per il filone perugino.
Il Messaggero del 9/2/2012
A pochi giorni dall’udienza in cui il gup Carla Maria Giangamboni dovrà decidere sul rinvio a giudizio dei tre indagati chiesto dal pm Giuseppe Petrazzini per il filone dell’inchiesta di Spello, per quella di Perugia l’indagato pare essere uno solo. L’unico, ma non nuovo in effetti. È Stefano Arrighetti, l’inventore dei T-red, già nel registro per i semafori di Spello.
Indagini concluse quindi per Arrighetti, all’epoca dei fatti (nel 2006) amministratore della Kria srl, dopo il primo avviso che già l’aveva raggiunto per la questione Spello insieme all’allora amministratore della Ci.Ti.Esse (società che commercializzava in esclusiva i semafori sparamulte), Raoul Cairoli, e al comandante della polizia municipale di Spello, Giancarlo Meniconi. I tre indagati, assistiti rispettivamente dagli avvocati Rosario Minniti, Carmen Ambra (con Roberto Pizzi) e Maria Mezzasoma, dall’inizio dell’inchiesta hanno sempre difeso la correttezza del proprio operato, davanti alle accuse che vanno dalla truffa alla turbata liceità degli incanti. «Le 24 procure che già di sono interessate a casi come questi - ha sottolineato l’avvocato Minniti - hanno già da tempo emesso decreti di archiviazione». C’è serenità allora in vista dell’appuntamento davanti al gip che per i tre indagati è per la prossima settimana, dopo la decisione presa lo scorso novembre di riunire al procedimento di Spello quello di Perugia.
La giustizia spesso non corre, molte volte va lenta ma sicuramente ha la memoria lunga e non dimentica. Così quel fascicolo perugino, dopo un periodo di stasi dovuto al trasferimento del pm Alessandro Cannevale, ha trovato nuovo vigore nel fascicolo sulla scrivania di Petrazzini coadiuvato dalla sezione di polizia giudiziaria della polizia stradale. E tra esposti degli automobilisti che si sono sentiti beffati, pareri del ministero dei Trasporti, il mistero dell’omologazione e il rapporto dei poliziotti, l’indagine di Perugia ha mosso passi importanti. Con un indagato della prima ora (un addetto alla verbalizzazione delle multe) e altri nomi che sono stati vagliati grazie allo stralcio inviato dalla procura di Verona a quella perugina.
Proprio dal Veneto il pm Valeria Ardito aveva fatto scattare i sequestri dei semafori vampiro in mezza Italia. Quello di Spello, all’altezza di Limiti fu tirato giù. Quelli di Perugia no perché erano stati già sostituiti dal Comune con un’altra tecnologia. Ma avevano multato migliaia di automobilisti, innescando altrettanti migliaia di ricorsi ai giudice di pace.
L’inchiesta perugina di Petrazzini non passa solo per le carte arrivate da Verona. Ma si basa anche su esposti presentati dagli automobilisti beffati e da consiglieri comunali d’opposizione (scorsa legislatura) che scesero addirittura in strada con un camper per raccogliere i ricorsi anti T-Red. Vagliate anche le carte con cui il Comune di Perugia ha stabilito i rapporti con la società, la Ci.Ti.esse, che commercializzava i semafori contestati per il giallo troppo corto e a cui andava un aggio di 24,50 euro per ogni multa incassata. La procura ha anche vagliato la segnalazione che indicava come i computer che gestivano i T-Red agli incroci fossero custoditi in cassette metalliche non sigillate e che quindi erano alla mercé di qualsiasi contraffazione. E poi, tra le tante carte acquisite in Comune, anche una lettera che da palazzo dei Priori segnalava l’anomalia del giallo all’impianto di via Martiri dei Lager. Cioè tra il giallo e il rosso passava troppo poco tempo e le multe fioccavano.
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Insomma, sarà il tribunale a decidere chi ha ragione, mentre Arrighetti resta l’unico indagato per il filone perugino.
Il Messaggero del 9/2/2012
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