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Corte di Cassazione 21/04/2006

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Messaggio  Luca Ricci Sab Apr 12, 2014 10:21 pm

Corte di Cassazione 21/04/2006

Giurisprudenza di legittimità - Velocità – Limiti fissi – Strada extraurbana principale – Elevazione del limite massimo di velocità consentito ex art. 142, comma primo, c.s. – Qualificazione di detta strada – Criteri ex art.2, lett. B), c.s.. Depenalizzazione – Applicazioni delle sanzioni – Cause di esclusione della responsabilità

(Cass. Civ., sezione I, 10 gennaio 2005, n. 287)

L’art. 2 c.s., nel fornire i criteri per la classificazione delle strade in funzione delle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali delle stesse, alla lett. B9 descrive la strada extraurbana principale come strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia e banchine pavimentate, priva di intersezioni a raso, con accessi alle proprietà laterali coordinati, riservata alla circolazione di talune categorie di veicolo a motore, e con necessaria previsione di opportuni spazi per eventuali altre categorie di utenti di apposite aree con accessi di corsie di decelerazione e di accelerazione, e richiede, altresì ai fini della classificazione della strada extraurbana come principale – con conseguente elevazione ai sensi della rt. 142, comma primo, c.s., del limite massimo di velocità consentito nella percorrenza della stessa da 90 Km. Orari, vigente per altre strade extraurbana, a 110 -, che essa sia contraddistinta dagli appositi segnali di inizio e fine. In assenza di detti segnali, che costituiscono l’unico elemento di immediata perfezione – al di là di una valutazione tecnica in ordine alle altre caratteristiche descritte, che non può essere rimessa all’utente della strada – idoneo ad autorizzare la percorrenza della strada stessa ad una velocità più elevata rispetto a quella massima consentita in via generale, la pur riscontrata sussistenza delle altre caratteristiche indicate dalla citata disposizione non vale a consentire la classificazione della strada extraurbana come principale.



L’esclusione della responsabilità per violazioni amministrative derivante da «stato di necessità» secondo la previsione dell’art. 4 della legge n. 689 del 1981, postula, in applicazione degli artt. 54 e 59 c.p., che fissano i principi generali della materia, una effettiva situazione di pericolo imminente di danno grave alla persona, non altrimenti evitabile, ovvero l’erronea persuasione di trovarsi in tale situazione, persuasione non colpevole in quanto provocata da circostanze oggettive (nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso la configurabilità di una siffatta situazione di pericolo in un caso in cui, in sede di opposizione al verbale della polizia stradale con il quale gli era stata contestata la violazione di cui all’art. 142, comma 9, del codice della strada per aver superato, alla guida della propria autovettura, il limite di velocità consentito, l’opponente aveva, tra l’altro, invocato lo stato di necessità adducendo che, nel momento dell’accertamento della violazione, si stava recando con urgenza in ospedale, ove il proprio genitore era stato ricoverato in gravi condizioni; la decisione, ritenuta corretta dalla S.C., sottolineava che l’opponente si era limitato, al riguardo, a fornire la dimostrazione del ricovero del padre quale «soggetto affetto da scompenso cardiaco cronico», senza provare in quale modo il pericolo di danno grave alla persona del genitore potesse ritenersi non evitabile altrimenti che con l’arrivo in ospedale dello stesso opponente, e come detto arrivo potesse fornire un contributo determinante al fine di scongiurare il danno).

L’efficacia probatoria dello strumento rivelatore di velocità dei veicoli (Autovelox) perdura sino a quando risultano accertati nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, inconvenienti ostativi al regolare funzionamento dello strumento stesso.

Il potere di cui all’art. 213 c.p.c. di richiedere d’ufficio alla P.A. le informazioni relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo (nella specie, richiesta di documentazione relativa alle caratteristiche dello strumento misuratore «Autovelox» impiegato dagli organi di polizia stradale per l’accertamento dell’eccesso di velocità) non è sostituito dell’onere probatorio incombente alla parte, con la conseguenza che esso può essere attivato soltanto quanto, in relazione a fatti specifici già allegati, sia necessario acquisire informazioni relative ad atti o documenti della P.A. che la parte sia impossibilitata a fornire.

Svolgimento del processo. – Con ricorso ritualmente notificato, A.M. proponeva innanzi al Giudice di pace di Foligno opposizione avverso il verbale della Polizia stradale di Perugina, distaccamento di Foligno, con il quale glie era stata contestata la violazione dell’art. 142, comma 9, del codice della strada, per aver circolato, alla guida della propria autovettura, alla velocità di 138 Km. orari sulla strada statale Flaminia, in territorio di Foligno, superando di oltre quaranta chilometri il limite massimo di velocità di 90 Km. orari vigente in detta strada, nonché avverso la conseguente ordinanza del Prefetto di Perugina con la quale gli era stata sospesa la patente di guida per un mese. Secondo l’opponente, la strada percorsa doveva qualificarsi come «extraurbana principale» e comunque poteva incolpevolmente essere ritenuta tale, possedendo tutte le caratteristiche di cui all’art. 2 del codice della strada, con la conseguenza che il limite di velocità sarebbe stato di 110 Km. orari, e non di 90, sicché si sarebbe realizzata una infrazione più lieve rispetto a quella contestata e senza effetti in ordine alla patente di guida. Il sig. M. deduceva, inoltre, che il giorno in cui era stata contestata la violazione, si stava recando con urgenza presso l’ospedale di Ancona ove il padre era stato ricoverato in gravi condizioni, e che pertanto la sua condotta in ogni caso sarebbe stata determinata da stato di necessità: ed ancora che la effettiva velocità tenuta, considerato un margine fisiologico di tollerabilità dovuto alla funzionalità dell’apparecchio misuratore, avrebbe superato solo di un chilometro il limite di eccedenza previsto dall’art. 218 c.s. Il giudice di pace rigettava la opposizione, rilevando che l’art. 2, lett. b), del codice della strada, nel classificare le varie categorie di strade, stabilisce che la strada extraurbana principale è individuata, oltre che da una serie di caratteristiche tecniche, dalla presenza di appositi segnali di inizio e fine, in difetto dei quali l’utente deve attenersi al limiti di 90 Km. orari vigente con riguardo alle strade extraurbane secondarie ed a tutte le altre. Aggiungeva che nel caso di specie non sussistevano gli estremi dello stato di necessità, e che l’apparecchiatura di misurazione della velocità, e che l’apparecchiatura di misurazione della velocità, eseguita con lo strumento omologato, è considerata valida fonte di prova in assenza di elementi tecnici che possono metterne in dubbio la funzionalità.

Per la cassazione di tale sentenza il M. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi. L’intimato non si è costituito.

Motivi della decisione. – Con il primo motivo di ricorso, si lamenta «errore di attività per nullità della sentenza n. 83/2000». La sentenza impugnata sarebbe affetta da nullità in quanto mancante di un requisito formale previsto dall’art. 132 c.p.c., risultando errata nella individuazione della parte ricorrente, per avere indicato il cognome del ricorrente come M. anziché M… .

La censura non è meritevole di accoglimento. Il lamentato vizio della sentenza è all’evidenza riconducibile ad un mero errore materiale – emendabile mediante un provvedimento di correzione – il quale non ha inciso sulla regolare costituzione del rapporto processuale, né sul contenuto sostanziale della decisione, e non ha determinato alcuna incertezza sul soggetto al quale la decisione si riferisce.

Con il secondo motivo, si denuncia «errore di giudizio» per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, e violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 142 e degli artt. 37 e 38 del codice della strada. Il giudice di pace non avrebbe indicato su quali elementi abbia ritenuto che nella strada in questione non esistessero segnali di inizio e di fine. Del resto, la strada presenterebbe tutte le caratteristiche indicate dall’art. 2 del codice della strada per essere considerata extraurbana principale, percorribile, come tale, ad una velocità massima di 110 Km. orari, essendo costituita da due carreggiate indipendenti e separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con due corsie di marcia, attrezzata con apposite aree di servizio, che comprendono spazi per la sosta, con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione, ed inoltre sarebbe priva di segnaletica relativa ai limiti di velocità. Tali caratteristiche avrebbero dovuto quanto meno indurre il giudicante a ritenere la sussistenza nella specie di ignoranza incolpevole. La negata prova per testimoni dedotta dall’opponente su circostanze, ritenute decisive, attinenti sia alle caratteristiche della strada percorsa, sia alle numerose altre contestazioni della medesima infrazione effettuata nei confronti di altri soggetti lungo lo stesso tratto di strada, avrebbe invece determinato la insufficienza degli elementi di valutazioni a disposizione del giudice.

Anche tale censura si appalesa infondata. Il codice della strada, all’art. 2, fornisce per la classificazione delle strade in funzione delle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali delle stesse, descrivendo in particolare – per ciò che rileva in questa sede – alla lettera B) la strada extraurbana principale come strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia e banchine pavimentate, priva di intersezioni a raso, con accessi alle proprietà laterali coordinanti, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore, e con necessaria previsione di opportuni spazi per eventuali altre categorie di utenti, nonché di apposite aree con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione: tutte caratteristiche tecniche, quelle ricordate, che, secondo il ricorrente, la strada in questione possiederebbe. Ma la chiamata lettera B) richiede altresì, ai fini della classificazione della strada extraurbana come principale – con conseguente elevazione, ai sensi dell’art. 142, comma 1, dello stesso codice della strada, del limite massimo di velocità consentito nel percorrere la stessa da 90 Km. orari, vigente per tutte le altre strade, a 110 -, che essa sia contraddistinta dagli appositi segnali di inizio e fine, che, in effetti, rappresentano, al di là di una improponibile valutazione tecnica – che sarebbe quanto meno inopportuno rimettere all’utente della strada -, l’unico elemento, di immediata percezione, idoneo ad autorizzare la percorrenza della stessa ad una velocità più elevata rispetto a quella massima imposta in via generale.

Nella specie, il ricorrente, nel lamentare la mancata ammissione della prova richiesta al giudice di pace sulle caratteristiche della strada da lui percorsa in occasione della contestazione di accesso di velocità facendo, tra l’altro, riferimento alla dedotta mancanza di un’adeguata segnaletica verticale relativa al limite di velocità consentito nella strada in questione, ha riconosciuto,nello stesso ricorso, di non aver eccepito con l’opposizione alla ordinanza-ingiunzione il difetto di segnali relativi all’inizio e alla fine della strada, che sono invece gli unici, come si è appena chiarito, previsti dal codice della strada come elementi di distinzione della strada extraurbana principale. Il rincorrente sarebbe stato tenuto, in sede di opposizione, a provare il dato della presenza di detti cartelli, allo scopo di contrastare la contestazione relativa al superamento di oltre quaranta chilometri del limite massimo di velocità consentito, piuttosto che quello della mancanza di segnaletica verticale indicante i limiti di velocità: mancanza irrilevante, avuto riguardo alla circostanza che, in assenza di previsione diversa in ordine ai detti limiti, vigono quelli generali.

Risulta, pertanto, logicamente e adeguatamente motivata, oltre che rispettosa dal dato normativo, la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto che, in assenza della segnalazione di inizio e fine strada richiesta dall’art. 2, lett. B), del D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285, la pur riscontrata sussistenza delle altre ricordate caratteristiche, indicate dalla stessa disposizione, non valga a consentire la classificazione della strada extraurbana come principale.

Ne consegue, altresì, la infondatezza del profilo della censura relativo alla mancata ammissione delle prove concernenti proprio la presenza di dette caratteristiche, irrilevanti per quanto appena chiarito, nonché di quello concernente il mancato riconoscimento, nella specie, di una ipotesi di errore incolpevole, vertendo l’invocato errore su di una valutazione – quella relativa alla presenza delle caratteristiche qualificanti la strada «principale» - che non è ammissibile, come già precisato, che sia rimessa all’utente della strada.

Con il terzo motivo, si lamenta «errore di giudizio» per violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Il giudice di paca avrebbe errato nel ritenere insussistente nella specie lo stato di necessità, da ravvisare invece nel fatto che suo padre, ricoverato presso l’ospedale di Ancona per uno scompenso cardiaco, non era in grado di provvedere agli atti di vita quotidiana avendo necessità di continua assistenza.

Il motivo è da rigettare. La esclusione della responsabilità per violazione amministrative derivate da stato di necessità, secondo la previsione dell’art. 4 della legge n. 689 del 1981, postula, in applicazione degli artt. 54 e 59 c.p., che fissano i principi generali della materia, una effettiva situazione di pericolo imminente di danno grave alla persona, non altrimenti evitabile, ovvero l’erronea persuasione di trovarsi in tale situazione, persuasione non incolpevole in quanto provocata da circostanze oggettive (v., sul punto, tra le altre, Cass. n. 4710 del 1999).

Nella specie, correttamente il giudice di merito ha escluso la configurabilità di una siffatta situazione di pericolo, essendosi limitato l’opponente a fornire la dimostrazione che, nel giorno in cui gli era stata contestata la violazione di cui si tratta, suo padre era stato ricoverato presso l’ospedale di Ancona quale «soggetto affetto da scompenso cardiaco cronico», senza che fosse provato come il pericolo di danno grave alla persona del genitore dell’ingiunto – certamente idoneo a determinare un comprensibile stato di ansia di quest’ultimo, che dà conto delle regioni del suo precipitoso rientro – potesse ritenersi non evitabile altrimenti che non l’arrivo di M. in ospedale, e come detto arrivo potesse fornire un contributo determinante ai fini di scongiurare il danno medesimo. Infine, con il quarto motivo, si deduce «errore di giudizio» per omessa e insufficiente motivazione circa altro punto decisivo della controversia, e per violazione e falsa applicazione dell’art. 142 del codice della strada sotto il profilo. Il giudice, senza disporre la esibizione della documentazione relativa alle caratteristiche dello strumento impiegato nella specie per la misurazione della velocità, aveva affermato la regolarità dell’apparecchio omettendo gli elementi di conoscenza sui quali aveva fondato il giudizio sulle caratteristiche dell’apparecchiatura, mancando nel verbale di accertamento la menzione della corrispondenza dell’apparecchiatura Autovelox utilizzata al tipo omologato, ed essendo attestato solo il modello dell’apparecchio. Inoltre, il giudice non avrebbe dato rilevanza alla dedotta circostanza della esiguità della violazione, immotivatamente ed illegittimamente omettendo di accertare il diritto dell’opponente al pagamento del minimo della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 142 del codice della strada, diritto sussistente pere il fatto di aver costui superato di un solo chilometro (41 invece che 40), avuto riguardo al margine di tolleranza per l’eventuale errore dell’apparecchiatura non omologata, il limite massimo – 40 Km. orari – di eccedenza previsto dalla legge, e ciò sia ai fini della determinazione della effettiva sanzione pecuniaria, sia ai fini della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida.

Anche tale censura è infondata in tutte le sue articolazioni. Ed infatti, quanto alla presunta mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta regolarità dell’apparecchiatura di misurazione della velocità, in correlazione alla mancata indicazione nel verbale di accertamento della corrispondenza della stessa al tipo omologato, è sufficiente ricordare che, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’efficacia probatoria dello strumento rilevatore di velocità dei veicoli perdura sino a quanto risultino accertati nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, inconvenienti ostativi al regolare funzionamento dello strumento (v., tra le altre, Cass. n. 9441 del 2001, n. 5542 del 1999);e che, inoltre, i poteri inquisitori del giudice, previsti in via generale dall’art. 213 c.p.c., di richiedere informazioni alla P.A., ovvero la esibizione di atti o documenti, non sono sostitutivi dell’onere probatorio incombente alla parte, con la conseguenza che essi possono essere attivati solo quando, in relazione a fatti specifici già allegati, sia necessario acquisire informazioni relative ad atti o documenti che la parte sia impossibilitata a fornire (v. Cass. n. 16713 del 2003).

Quanto, infine, alla deduzione della mancata attribuzione di rilevanza alla eseguità della trasgressione, si tratta di censura che non può avere ingresso nel giudizio di legittimità, essendo rimessa alla discrezionalità del giudice del merito la valutazione della congruità della sanzione. Nella specie, il giudice di pace ha escluso la sussistenza di elementi tecnici idonei ad ingenerare dubbi sulla funzionalità dello strumento utilizzato per la misurazione della velocità, facendo così venir meno il presupposto, sul quale il rincorrente fonda la ritenuta esiguità della violazione, rappresentato dal margine di fallibilità degli strumenti non omologati.

Conclusivamente, il ricorso va rigettato.

Non essendo stata spiegata nel presente giudizio attività difensiva da parte dell’intimato, non deve provvedersi sulle spese. (Omissis). [RIV-0306P276]
Luca Ricci
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