Rifiuto alcoltest: la sospensione della patente non raddoppia mai - Tribunale, Urbino, sentenza 02/10/2015 n° 107
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Rifiuto alcoltest: la sospensione della patente non raddoppia mai - Tribunale, Urbino, sentenza 02/10/2015 n° 107
Rifiuto alcoltest: la sospensione della patente non raddoppia mai
Tribunale, Urbino, sentenza 02/10/2015 n° 107
L’imputazione oggetto della sentenza in esame riguardava la violazione dell’art. 186-bis, comma 6, c.d.s. poiché il conducente dell’autoveicolo rifiutava di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico richiesto dai Carabinieri.
L’imputato, tramite il proprio difensore, aveva optato per la scelta del rito abbreviato al fine di richiedere il minimo della pena, in relazione al reato contestatogli, previo riconoscimento delle attenuanti generiche e sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità di cui al comma 9-bis dell’art. 186 c.d.s.
Il Giudice dichiarava il conducente colpevole del reato contestato e lo condannava alla pena di mesi 5 e giorni 10 di arresto ed € 1.400,00 di ammenda, sostituita con il lavoro di pubblica utilità per la durata di giorni 165, nonché alla sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di anni 1.
Il principio
Il Giudice ha deciso di applicare la sospensione della patente di guida nella misura sopraindicata di anni 1.
A questo punto vale la pena ricordare il contenuto dell’art. 186-bis, comma 6: “[…]Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, in caso di rifiuto dell'accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5 dell'articolo 186, il conducente è punito con le pene previste dal comma 2, lettera c), del medesimo articolo, aumentate da un terzo alla metà. La condanna per il reato di cui al periodo precedente comporta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni e della confisca del veicolo con le stesse modalità e procedure previste dal citato articolo 186, comma 2, lettera c), salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato. Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata.”.
La sentenza in commento è di particolare interesse proprio in riferimento al periodo di sospensione di patente.
A tal proposito, il Giudicante ha richiamato il recente orientamento della Corte di Cassazione (Sez. IV, sent. n. 15184 del 24.03.2015) che ha statuito: “al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza disciplinato dal comma 7 dell’art. 186 c.d.s. non si applica la previsione di cui all’art. 186 comma 2 lett. C) nella parte in cui dispone che la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata allorquando il veicolo condotto dall’imputato appartenga a persona estranea al reato”.
La ratio della norma citata, nella parte in cui prevede il raddoppio del periodo di sospensione di patente allorquando il conducente guidi un’autovettura di proprietà altrui, appare chiara. Il legislatore ha voluto reprimere in maniera più severa il comportamento di chi si mette alla guida di una vettura non di sua proprietà e per la quale non è possibile operare il sequestro amministrativo ai fini della confisca.
Nella sopracitata sentenza della Suprema Corte viene infatti enunciato il seguente principio di diritto: “il rinvio alle stesse modalità e procedure previste dal comma 2, lett. C), salvo che il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione, contenuto nel secondo periodo del comma 7 dell’art. 186 c.d.s. dopo le previsioni relative alla sospensione della patente di guida ed alla confisca del veicolo, deve intendersi limitato alle sole modalità e procedure, contenute nell’art. 186, comma 2, lett. C) c.d.s. che regolano il sistema della confisca del veicolo, con esclusione del rinvio alla disciplina del raddoppio della durata della sospensione della patente di guida, qualora il veicolo appartenga a persona estranea al reato, quale sanzione amministrativa che accede al reato di rifiuto, compresa, ai sensi dell’art. 186, comma 7, 2° periodo tra il minimo di 6 mesi ed il massimo di 2 anni, non deve essere raddoppiata nel caso in cui il veicolo appartenga a persona estranea al reato”.
Chi scrive ritiene che le norme relative al c.d.s., oltre ad aver subito nel corso degli anni molteplici modifiche da parte del legislatore, risultino di difficile lettura e conseguentemente di non semplice interpretazione ed applicazione (per approfondimenti: Guida in stato di ebbrezza e di alterazione psico-fisica. Analisi dei reati, Simone Marani, Altalex Editore, 2013).
In base all’antico brocardo latino ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit un dato è certo: la previsione di cui all’art. 186, comma 7 c.d.s., rifiuto a sottoporsi ad accertamento non contiene l’ipotesi del raddoppio di sospensione di patente qualora il veicolo appartenga a persona estranea al reato.
Considerato il trattamento sanzionatorio particolarmente afflittivo per colui che risulti avere un tasso alcolemico di cui alla soglia della lett. C), comma 2, art. 186 c.d.s., l’aver omesso tale previsione comporta un vantaggio sotto il profilo della sanzione accessoria di sospensione di patente che non viene raddoppiata.
Il principio nel caso in considerazione
Il Giudicante ha applicato il principio “del non raddoppio” del periodo di sospensione di patente facendo riferimento a quanto sancito dalla Corte di Cassazione nel caso di specie.
L’imputazione riguardava la violazione di cui all’art. 186-bis, comma 2 c.d.s., che prevede esplicitamente il raddoppio del periodo di sospensione della patente di guida nel caso in cui il conducente sia persona diversa dal proprietario del veicolo.
Il Giudicante non ha fatto applicazione del dato letterale previsto dalla norma appena citata, ma ha esteso il principio enunciato dalla Corte di Cassazione al caso in considerazione.
Ad avviso di chi scrive, non sono state esplicitate le ragioni che hanno condotto il Giudice ad una estensione del principio in parola.
Vale la pena, però, considerare che le violazioni al c.d.s. contengono delle sanzioni non sempre appropriate al reale disvalore del fatto, soprattutto se comparate a reati contenuti nel codice penale maggiormente riprovevoli e repressi in maniera più mite.
All’autore di questo breve commento piace considerare che il Giudice abbia preso in considerazione proprio tale circostanza, e abbia voluto in qualche modo attenuare le conseguenze sanzionatorie del reato contestato all’imputato limitando la sanzione accessoria della sospensione di patente.
Tribunale, Urbino, sentenza 02/10/2015 n° 107
L’imputazione oggetto della sentenza in esame riguardava la violazione dell’art. 186-bis, comma 6, c.d.s. poiché il conducente dell’autoveicolo rifiutava di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico richiesto dai Carabinieri.
L’imputato, tramite il proprio difensore, aveva optato per la scelta del rito abbreviato al fine di richiedere il minimo della pena, in relazione al reato contestatogli, previo riconoscimento delle attenuanti generiche e sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità di cui al comma 9-bis dell’art. 186 c.d.s.
Il Giudice dichiarava il conducente colpevole del reato contestato e lo condannava alla pena di mesi 5 e giorni 10 di arresto ed € 1.400,00 di ammenda, sostituita con il lavoro di pubblica utilità per la durata di giorni 165, nonché alla sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di anni 1.
Il principio
Il Giudice ha deciso di applicare la sospensione della patente di guida nella misura sopraindicata di anni 1.
A questo punto vale la pena ricordare il contenuto dell’art. 186-bis, comma 6: “[…]Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, in caso di rifiuto dell'accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5 dell'articolo 186, il conducente è punito con le pene previste dal comma 2, lettera c), del medesimo articolo, aumentate da un terzo alla metà. La condanna per il reato di cui al periodo precedente comporta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni e della confisca del veicolo con le stesse modalità e procedure previste dal citato articolo 186, comma 2, lettera c), salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato. Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata.”.
La sentenza in commento è di particolare interesse proprio in riferimento al periodo di sospensione di patente.
A tal proposito, il Giudicante ha richiamato il recente orientamento della Corte di Cassazione (Sez. IV, sent. n. 15184 del 24.03.2015) che ha statuito: “al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza disciplinato dal comma 7 dell’art. 186 c.d.s. non si applica la previsione di cui all’art. 186 comma 2 lett. C) nella parte in cui dispone che la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata allorquando il veicolo condotto dall’imputato appartenga a persona estranea al reato”.
La ratio della norma citata, nella parte in cui prevede il raddoppio del periodo di sospensione di patente allorquando il conducente guidi un’autovettura di proprietà altrui, appare chiara. Il legislatore ha voluto reprimere in maniera più severa il comportamento di chi si mette alla guida di una vettura non di sua proprietà e per la quale non è possibile operare il sequestro amministrativo ai fini della confisca.
Nella sopracitata sentenza della Suprema Corte viene infatti enunciato il seguente principio di diritto: “il rinvio alle stesse modalità e procedure previste dal comma 2, lett. C), salvo che il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione, contenuto nel secondo periodo del comma 7 dell’art. 186 c.d.s. dopo le previsioni relative alla sospensione della patente di guida ed alla confisca del veicolo, deve intendersi limitato alle sole modalità e procedure, contenute nell’art. 186, comma 2, lett. C) c.d.s. che regolano il sistema della confisca del veicolo, con esclusione del rinvio alla disciplina del raddoppio della durata della sospensione della patente di guida, qualora il veicolo appartenga a persona estranea al reato, quale sanzione amministrativa che accede al reato di rifiuto, compresa, ai sensi dell’art. 186, comma 7, 2° periodo tra il minimo di 6 mesi ed il massimo di 2 anni, non deve essere raddoppiata nel caso in cui il veicolo appartenga a persona estranea al reato”.
Chi scrive ritiene che le norme relative al c.d.s., oltre ad aver subito nel corso degli anni molteplici modifiche da parte del legislatore, risultino di difficile lettura e conseguentemente di non semplice interpretazione ed applicazione (per approfondimenti: Guida in stato di ebbrezza e di alterazione psico-fisica. Analisi dei reati, Simone Marani, Altalex Editore, 2013).
In base all’antico brocardo latino ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit un dato è certo: la previsione di cui all’art. 186, comma 7 c.d.s., rifiuto a sottoporsi ad accertamento non contiene l’ipotesi del raddoppio di sospensione di patente qualora il veicolo appartenga a persona estranea al reato.
Considerato il trattamento sanzionatorio particolarmente afflittivo per colui che risulti avere un tasso alcolemico di cui alla soglia della lett. C), comma 2, art. 186 c.d.s., l’aver omesso tale previsione comporta un vantaggio sotto il profilo della sanzione accessoria di sospensione di patente che non viene raddoppiata.
Il principio nel caso in considerazione
Il Giudicante ha applicato il principio “del non raddoppio” del periodo di sospensione di patente facendo riferimento a quanto sancito dalla Corte di Cassazione nel caso di specie.
L’imputazione riguardava la violazione di cui all’art. 186-bis, comma 2 c.d.s., che prevede esplicitamente il raddoppio del periodo di sospensione della patente di guida nel caso in cui il conducente sia persona diversa dal proprietario del veicolo.
Il Giudicante non ha fatto applicazione del dato letterale previsto dalla norma appena citata, ma ha esteso il principio enunciato dalla Corte di Cassazione al caso in considerazione.
Ad avviso di chi scrive, non sono state esplicitate le ragioni che hanno condotto il Giudice ad una estensione del principio in parola.
Vale la pena, però, considerare che le violazioni al c.d.s. contengono delle sanzioni non sempre appropriate al reale disvalore del fatto, soprattutto se comparate a reati contenuti nel codice penale maggiormente riprovevoli e repressi in maniera più mite.
All’autore di questo breve commento piace considerare che il Giudice abbia preso in considerazione proprio tale circostanza, e abbia voluto in qualche modo attenuare le conseguenze sanzionatorie del reato contestato all’imputato limitando la sanzione accessoria della sospensione di patente.
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