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Notifica nulla se eseguita presso la cancelleria anzichè alla Pec del destinatario

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Messaggio  Luca Ricci Dom Gen 28, 2018 11:46 pm

Notifica nulla se eseguita presso la cancelleria anzichè alla Pec del destinatario

Cassazione Civile, sez. VI-3, ordinanza 14/12/2017 n° 30139




La notifica in proprio tramite PEC, così come disciplinata dalla L. 53/94, nata come modalità alternativa e, soprattutto, facoltativa a quella tradizionale, è divenuta, in alcuni casi, obbligatoria al punto che, ove effettuata in modalità diversa, deve intendersi nulla; ciò a seguito dell’entrata in vigore del c.d. “domicilio digitale” ex articolo 16 sexies D.L. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, introdotto dal D.L. n. 90 del 2014, art. 52, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 114 del 2014.


Articolo 16 sexies

Decreto Legge n. 179/12

(introdotto dall’art. 52 del Decreto Legge n. 90/14)

“Salvo quanto previsto dall'articolo 366 del codice di procedura civile, quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l'indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui all'articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonchè dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia.”.


Proprio in virtù dell’entrata in vigore della trascritta disposizione, se il destinatario della notifica non ha eletto domicilio nel comune in cui ha sede l'ufficio giudiziario innanzi al quale si svolge il procedimento, non è più possibile procedere, ai sensi dell’articolo 82 del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria in quanto, in tale ipotesi, il difensore dovrà notificare il proprio atto alla PEC del destinatario risultante dai pubblici elenchi e quindi da INIPEC o dal REGINDE e potrà procedere alla notifica in cancelleria solo se l'indirizzo di posta elettronica certificata non risulti accessibile per cause imputabili al destinatario.

Nel caso di specie il ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’articolo 52 del decreto legge 25 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, in riferimento alla legge n. 183 del 2011, articolo 25, e all'articolo 141 c.p.c., per aver il Tribunale di Torre Annunziata erroneamente ritenuto valida la notificazione dell'atto di appello avvenuta, ai sensi dell'articolo 82 del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, presso la cancelleria del Giudice di Pace di Torre Annunziata essendo il relativo difensore domiciliatario patrocinante extra districtum, e non presso l'indirizzo PEC di detto difensore o quello della stessa società, risultanti, rispettivamente, dal ReGIndE e dall'INIPEC, come imposto in forza del citato articolo 52 D.L. 90/14.

La Suprema Corte, nell’ordinanza in commento, senza esitazione alcuna, dopo attenta e precisa ricostruzione normativa, ritiene fondato il ricorso in quanto, “…l’articolo 16 sexies D.L. n. 179 del 2012, dalla sua entrata in vigore, nell'ambito della giurisdizione civile (e fatto salvo quanto disposto dall'art. 366 c.p.c., per il giudizio di cassazione), impone alle parti la notificazione dei propri atti presso l'indirizzo PEC risultante dagli elenchi INI PEC di cui al D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 6 bis, (codice dell'amministrazione digitale) ovvero presso il ReGIndE, di cui al D.M. n. 44 del 2011, gestito dal Ministero della giustizia, escludendo che tale notificazione possa avvenire presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, salvo nei casi di impossibilità a procedersi a mezzo PEC, per causa da addebitarsi al destinatario della notificazione …”;  aggiunge poi che “la norma in esame non solo depotenzia la portata dell'elezione di domicilio fisico, la cui eventuale inefficacia (ad es., per mutamento di indirizzo non comunicato) non consentirà, pertanto, la notificazione dell'atto in cancelleria, ma pur sempre e necessariamente alla PEC del difensore domiciliatario (salvo l'impossibilità per causa al medesimo imputabile), ma, al contempo, svuota di efficacia prescrittiva anche il R.D. n. 37 del 1934, art. 82, posto che, stante l'obbligo di notificazione tramite PEC presso gli elenchi/registri normativamente indicati, potrà avere un rilievo unicamente in caso, per l'appunto, di mancata notificazione via PEC per causa imputabile al destinatario della stessa, quale localizzazione dell'ufficio giudiziario presso il quale operare la notificazione in cancelleria…”.

Il Collegio, applica e fa proprio il principio di diritto formulato, dalla medesima Corte, Sezione Terza, con la decisione n. 17048 del 11 luglio 2017 ove veniva dichiarata la nullità della notifica della sentenza d’appello eseguita presso la cancelleria della Corte d'Appello posto che la stessa doveva essere notificata alla PEC del destinatario risultante dal REGINDE o da INIPEC cui seguiva l'inidoneità della stessa a far decorrere il termine di impugnazione di cui all'articolo 325 del codice di procedura civile, con la conseguenza che il ricorso proposto dalla ricorrente prima della scadenza del termine "lungo" previsto dall'art. 327 cod. proc. civ. veniva considerato tempestivo.
Nel caso di specie, la Cassazione ritiene, quindi, nulla la notifica dell’appello effettuata presso la cancelleria del Giudice di Pace; spiega poi che non può dichiararsi, della medesima, l’inesistenza posto che “quest'ultima sarebbe configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto quale notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale, tra cui, in particolare, i vizi relativi all'individuazione del luogo di esecuzione, nella categoria della nullità…” così come già in precedenza statuito dalla Suprema Corte con le decisioni n. 14916/2016 e n. 21865/2016 delle quali la prima pronunciata a Sezioni Unite.
Il ricorso viene quindi accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio al Tribunale di Torre Annunziata, quale giudice di appello, al fine di provvedere alla rinnovazione della notificazione del gravame.


CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE




SEZIONE SESTA CIVILE




SOTTOSEZIONE 3




Ordinanza 14 dicembre 2017, n. 30139



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide - Presidente -

Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere -

Dott. VINCENTI Enzo - rel. Consigliere -

Dott. ROSSETTI Marco - Consigliere -

Dott. D’ARRIGO Cosimo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:


ORDINANZA

sul ricorso 28270/2016 proposto da:

ASSIMOCO SPA, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 77, presso lo studio dell'avvocato TOMMASO BOCHICCHIO, rappresentata e difesa dall'avvocato ALFREDO MARTUCCI SCHISA;

- ricorrente -

contro

D.F.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. TORNIELLI 46, presso lo studio PROTA, rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREA PORZIO, ANTONIO MALAFRONTE;

- controricorrente -

e contro

L.M.S.;

- intimata -

avverso la sentenza n. 1527/2016 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA, depositata il 24/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30/10/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.


Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Ritenuto che, con ricorso affidato ad un unico motivo, la Assimoco S.p.A. ha impugnato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, in data 24 maggio 2016, che, in accoglimento del gravame interposto da D.F.V. avverso la sentenza del 12 marzo 2015 del Giudice di pace di Torre Annunziata, ne accoglieva la domanda di risarcimento dei danni subiti a seguito di sinistro stradale, del quale veniva dichiarata responsabile L.M.S., proprietaria di autoveicolo assicurato presso l'anzidetta Assimoco;

che resiste con controricorso D.F.V., mentre non ha svolto attività difensiva l'intimata L.M.S.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale il controricorrente ha depositato memoria;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Considerato che, con l'unico motivo è denunciata violazione e/o falsa applicazione del D.L. 25 giugno 2014, n. 90, art. 52, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, in riferimento alla L. n. 183 del 2011, art. 25, e all'art. 141 c.p.c., per aver il Tribunale erroneamente ritenuto valida la notificazione dell'atto di appello ad essa Assimoco, avvenuta ai sensi dell'art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, presso la cancelleria del Giudice di pace di Torre Annunziata per essere il relativo difensore domiciliatario patrocinante extra districtum, e non presso l'indirizzo PEC di detto difensore o quello della stessa società, risultanti, rispettivamente, dal ReGIndE e dall'INI PEC, come imposto in forza del citato art. 52;

che il motivo è manifestamente fondato;

che a tal fine occorre osservare che l'art. 16 sexies (rubricato "Domicilio digitale") del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, come introdotto dal D.L. 25 giugno 2014, n. 90, art. 52, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, prevede testualmente: "Salvo quanto previsto dall'art. 366 c.p.c., quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l'indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis, nonchè dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia";

che tale norma, dunque, nell'ambito della giurisdizione civile (e fatto salvo quanto disposto dall'art. 366 c.p.c., per il giudizio di cassazione), impone alle parti la notificazione dei propri atti presso l'indirizzo PEC risultante dagli elenchi INI PEC di cui al D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 6 bis, (codice dell'amministrazione digitale) ovvero presso il ReGIndE, di cui al D.M. n. 44 del 2011, gestito dal Ministero della giustizia, escludendo che tale notificazione possa avvenire presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, salvo nei casi di impossibilità a procedersi a mezzo PEC, per causa da addebitarsi al destinatario della notificazione;

che, in tal senso, la prescrizione dell'art. 16 sexies, prescinde dalla stessa indicazione dell'indirizzo di posta elettronica ad opera del difensore, trovando applicazione direttamente in forza dell'indicazione normativa degli elenchi/registri da cui è dato attingere l'indirizzo PEC del difensore, stante l'obbligo in capo ad esso di comunicarlo al proprio ordine e dell'ordine di inserirlo sia nel registro INI PEC, che nel ReGIndE;

che, pertanto, la norma in esame non solo depotenzia la portata dell'elezione di domicilio fisico, la cui eventuale inefficacia (ad es., per mutamento di indirizzo non comunicato) non consentirà, pertanto, la notificazione dell'atto in cancelleria, ma pur sempre e necessariamente alla PEC del difensore domiciliatario (salvo l'impossibilità per causa al medesimo imputabile), ma, al contempo, svuota di efficacia prescrittiva anche il R.D. n. 37 del 1934, art. 82, posto che, stante l'obbligo di notificazione tramite PEC presso gli elenchi/registri normativamente indicati, potrà avere un rilievo unicamente in caso, per l'appunto, di mancata notificazione via PEC per causa imputabile al destinatario della stessa, quale localizzazione dell'ufficio giudiziario presso il quale operare la notificazione in cancelleria;

che a siffatta interpretazione non ostano i precedenti richiamati dal controricorrente (Cass. n. 14969/2015 e Cass. n. 22892/2015, al quale va aggiunto il più recente Cass. n. 15147/2017, indicato, unitamente a Cass. n. 25215/2014, con la memoria, le cui argomentazioni, pertanto, non colgono nel segno), che, in tutti i casi considerati (peraltro, Cass. n. 14969/2015 riguarda soltanto il giudizio di cassazione), non fanno applicazione dell'art. 16 sexies, citato, ma dell'assetto normativo antecedente alla sua introduzione, là dove, poi, Cass. n. 15147/2017 ha cura di precisare proprio l'inapplicabilità al proprio giudizio della norma introdotta nel 2014;

che, del resto, l'impianto argomentativo anzidetto è a conferma del principio recentemente enunciato da Cass. n. 17048/2017, secondo cui: "In materia di notificazioni al difensore, a seguito dell'introduzione del "domicilio digitale", corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'ordine di appartenenza, previsto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, (conv., con modif., dalla L. n. 221 del 2012), come modificato dal D.L. n. 90 del 2014 (conv., con modif., dalla L. n. 114 del 2014), non è più possibile procedere - ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, - alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest'ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario";

che, dunque, essendo il D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012, come introdotto dal D.L. n. 90 del 2014, art. 52, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 114 del 2014, entrato in vigore il 19 agosto 2014 e trovando esso immediata efficacia nei giudizi in corso per gli atti compiuti successivamente alla sua vigenza, in applicazione del principio (non derogato dalla stessa legge n. 114 del 2014 attraverso l'indicazione di una diversa specifica decorrenza della citata norma processuale) del tempus regit actum (tra le tante, Cass. n. 17570/2013, Cass. n. 5925/2016, Cass. n. 1635/2017), la notificazione dell'appello alla Assimoco S.p.A., costituitasi nel giudizio di primo grado, proposto da D.F.V. avverso la sentenza del Giudice di pace di Torre Annunziata del 12 marzo 2015, avrebbe dovuto essere effettuata presso l'indirizzo PEC del difensore della stessa Assimoco risultante dagli elenchi/registri indicati dallo art. 16 sexies e, soltanto ove impossibile per causa imputabile a detto difensore, allora presso la cancelleria del Giudice pace adito;

che ne consegue che la notificazione dell'appello effettuata direttamente (ed esclusivamente) presso la cancelleria del Giudice di pace di Torre Annunziata è affetta da nullità, ma non già da inesistenza, essendo quest'ultima configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto quale notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale, tra cui, in particolare, i vizi relativi all'individuazione del luogo di esecuzione, nella categoria della nullità (cfr. Cass., S.U., n. 14916/2016 e Cass. n. 21865/2016);

che il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio della causa al Tribunale di Torre Annunziata, quale giudice di appello, perchè, in applicazione dei principi innanzi enunciati, provveda alla rinnovazione della notificazione del gravame nei confronti della Assimoco S.p.A. e di L.M.S., litisconsorte necessario in quanto proprietario dell'autovettura assicurata presso la stessa compagnia Assimoco (e, dunque, responsabile civile anche ai sensi del vigente art. 144 cod. ass.: tra le altre, Cass. n. 9112/2014, Cass. n. 25421/2014 e Cass. n. 23706/2016), oltre che alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Torre Annunziata, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta - 3 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2017








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